India: seconda parte

Sono passati tre mesi e io non mi lamento (quasi) più. Accetto i piccoli drammi quotidiani con rinnovata agilità. L’India è una palestra emozionale: una successione serrata di disservizi alla fine genera assuefazione. Oppure non mi lamento più perché siamo a Goa ad accarezzare un principio di alcolismo. La sobrietà si sposa male con le palme, e con la scusa del mare ci concediamo una bevuta quasi ogni sera.

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A nostra discolpa sostengo che ci meritiamo una pausa dopo i vari drammi esistenziali che abbiamo affrontato nell’ultimo periodo.

L’altro giorno ad esempio, senza preavviso alcuno, l’India si è simpaticamente svegliata con la “delegalizzazione delle banconote da 500 e 1000 rupie” (equivalenti a 7 e 14 euro, il taglio massimo). In pratica i nostri soldi contanti, appena ritirati dal bancomat, non avevano più valore, evidenziando come il concetto del denaro sia solo una divertente convenzione. Basta poco: una manovra-shock del governo per contrastare il denaro nero, e improvvisamente siamo nullatenenti. Non possiamo più comprare niente. I bancomat non dispongono di banconote di piccolo taglio in numero sufficiente. I pochi sportelli operativi hanno code chilometriche. Le banche vengono prese d’assalto. Quasi spassoso, ma un po’ traumatico trovarsi improvvisamente senza soldi. Si conferma il motto con cui viene sponsorizzato il paese: “Incredible !ndia”.

Nonostante questo piccolo contrattempo (e un assortimento di variegate complicanze) abbiamo percorso altri 3000 km, affrontando diligentemente l’itinerario colorato che prevede la rosa Jodhpur, la dorata Jaisalmer, l’azzurra Jaipur. Queste destinazioni straripanti di turisti regalano mille occasioni per fare foto pittoresche, ma soffrono di un’eccessiva popolarità che rende la permanenza piuttosto faticosa. Camminare per le strade prevede inevitabilmente un logorante slalom tra improbabili guide, personaggi disonesti, tassisti improvvisati e quant’altro.

Per compensare la frenesia presente in questi ghetti turistici alterniamo la nostra permanenza in destinazioni fuori dal circuito commerciale dove troviamo prezzi più accessibili, cucina più saporita, e relativa pace. Il nostro percorso ha incluso Haridwar, Indore, Aurangabad con annesse Allora Caves e Pune che elenco qui come personale promemoria. Bundi in particolare è valsa la fatica dell’esplorazione, anche se va detto che spostarsi in bus è stato meno facile del previsto, con fermate in mezzo all’autostrada nel cuore della notte, cambi in città con problemi di lingua, e strade così dissestate da rendere impossibile anche solo tenere in mano il cellulare.

Qualche decina di autobus più tardi, adesso ci godiamo un po’ di mare. Dopo aver vagliato le numerose spiagge disponibili abbiamo optato per Patnem, rivelandosi un’ottima scelta: è piccola, tranquilla, poco affollata, con prezzi ragionevoli. Stiamo in un bungalow sulla spiaggia, a pochi metri dal mare, e le uniche strutture intorno sono ristoranti dove ci concediamo pesce, nachos, frutta, cocktail secondo orario e gusto. Insomma ci godiamo il mare… che poi le spiagge sono tutte uguali, a noi ci basta bere.

 

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