Approfitto del treno notturno Bangkok-Chumpon per scrivere un po’. Ho avuto poche occasioni per aggiornare il blog… passo troppo tempo a mangiare, vagare e ridere delle disavventure di Lapo: che smarrisce il cellulare, che si si perde tra le stoffe da spedire alla famiglia. che si divincola tra la burocrazia locale per rinnovare il passaporto.
Le giornate passano rapide… e non trovo troppo tempo per stare al computer. Tra scarafaggi giganti, docce fredde e cazzeggio generalizzato è già passata una settimana da quando sono partito. A Firenze pensavo di avere nostalgia solo delle cose belle… ma ho invece riscoperto il piacere della disavventura, l’odore di muffa delle stanze di infima categoria, l’abitudine a fare la doccia vestito per lavare le magliette, il disagio di conversazioni stentate con gente assurda. L’ostello, presto ribattezzato “il buco”, era di quelli di classe, con immigrati clandestini, simpatiche famiglie di gechi appese alle pareti, letti sfondati etc… i nostri compagni di stanza erano rispettivamente: un malato terminale russo, un cinese in cerca di fortuna, un argentino cinquantenne particolarmente inquietante. Insomma, un ambiente allegro ed accogliente. È bello vivere così: districarsi dalle truffe dei tassisti, scappare dai cani randagi… tutti questi elementi contribuiscono a dipingere l’affresco esistenziale quotidiano del backpacker, vita che non sapevo mi mancasse così tanto finché non mi ci sono rituffato.

L’eventualità bestemmie si è rivelata esatta. Il nostro tentativo di ingresso in Birmania è stato osteggiato da una legge fresca fresca che ci ha impedito di attraversare il confine, alimentando le imprecazioni contro le autorità e il destino beffardo. Ma non abbiamo perso tempo: queste ore sono state così intense da sembrare settimane: interminabili camminate all’alba, autostop, piogge torrenziali impreviste e rapidissime, litigi con poliziotti, incidenti mortali ai lati della strada, tutto nell’arco di una mattinata.